Tempi di Carnevale: lo Spazio Creativo propone questa mostra nata da un viaggio di Luciano Martinis del 1974 alla volta degli altopiani andini fra Perù e Bolivia. Oruro era allora una piccola cittadina a più di 3600 metri sul livello del mare, con un’economia prevalentemente legata alle estrazioni minerarie, ma era già nota per il suo Carnevale.
Il Carnaval de Oruro è una festa straordinaria, che incorpora tradizioni di quattro continenti: le leggende e i culti andini, la religiosità e la cultura spagnola, i retaggi degli schiavi africani importati dagli spagnoli e i contatti con l’oriente cinese. Tutti questi elementi sono stati “salvaguardati” nei costumi, nelle danze con le loro pantomime, nei rituali che costellano tutto il periodo carnevalizio. Non a caso il Carnaval de Oruro, come quello di Puno in Perù, sono stati inseriti nella lista Unesco del Patrimonio culturale ed immateriale dell’Umanità.
Le foto scattate da Luciano contenevano moltissimo materiale mitico-simbolico e storico-sociale che ha richiesto un grande lavoro di indagine durante il quale ci siamo trovati di fronte a leggende, rituali e storie di estremo interesse che meritavano assolutamente di essere condivisi con il nostro pubblico.
La mostra dunque rivela come la sfilata sia in realtà una processione religiosa che coinvolge tutta la cittadinanza e richiama spettatori e partecipanti da ogni dove. Questa religiosità contiene sincretismi complessi tuttora vivi e sentiti, come dimostrano i filmati che abbiamo esaminato in rete: ogni aspetto dei preparativi è un lavoro ma anche una vocazione, oltre che un elemento forte di identità. Al giorno d’oggi i festeggiamenti del Carnaval de Oruro “fanno dei numeri” esorbitanti, richiamano centinaia di migliaia di spettatori e producono un indotto di decine di milioni di euro, tuttavia lo spirito originario è ancora molto vivo, trasmesso fra le generazioni. E’ anche questo un modo di “conservare” e tramandare la cultura di un popolo? Questo ci è sembrato un caso in cui la globalizzazione ha certamente influito su un fenomeno culturale tradizionale senza però snaturarlo completamente.
Conoscere ciò che sta dietro alle usanze aggiunge sempre valore ed interesse, anche se l’elemento spettacolare è così “esplosivo” come nel carnaval andino. A Oruro, come a Puno, nessun particolare è casuale, costumi, danze, musiche, pantomime, rituali… tutto riporta ad uno straordinario melting-pot che è saldo retaggio popolare.
Le due maschere esposte sono entrambe originali, realizzate in gesso e carta pesta con inserti di vetro, con una datazione presumibile intorno agli anni Cinquanta del XX secolo. Rappresentano due Diablos caporales o Satanas ossia i diavoli di gerarchia intermedia fra Lucifer e la truppa. Le maschere attuali hanno mantenuto le fattezze e la simbologia ma sono realizzate in vetroresina, il che le rende molto più leggere.
Ogni foto esposta rappresenta un momento o un elemento significativo della manifestazione, è stata necessaria una minuziosa ricerca allo scopo di ricostruirne il contesto e il significato. L’apparato delle didascalie descrive con la maggior completezza possibile le immagini che abbiamo scelto, accompagnandole in molti casi con un codice QR che rimanda a video o altri documenti reperibili in rete. Potete scaricare da qui il fascicolo delle Didascalie.
Per realizzare questo evento abbiamo ricevuto preziosa collaborazione ed appoggio da Opificio 330.
La mostra è visitabile fino al 28 febbraio 2023, su appuntamento.